CRISTINA M

CRISTINA MAGRINI

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14.01.2009
Per un caso Englaro vi è un altrettanto caso Magrini.
Sulla bilancia dei comportamenti o dei punti di vista dei protagonisti resta indiscutibile il ruolo svolto da Romano Magrini papà di Cristina che da 27 anni l’accudisce nella pienezza di un amore paterno e nel totale silenzio dei giornali e delle televisioni. Una volta qualcuno disse: “ il bene non fa notizia”. Quest’Associazione crede esattamente il contrario.
Romano Magrini non ha le telecamere dei TG alla porta di casa ma la forza del suo amore è più forte di un uragano. Tra due mesi compirà 76 anni e il suo angoscioso interrogativo resta sempre lo stesso: “… chi si prenderà cura di Cristina dopo di me?” e prosegue: “Non è vita questa, quando esco di casa mi gira la testa per il repentino cambio d’ambiente ma io resto vicino a mia figlia”.

La nostra Onlus che da circa un anno si occupa di ricercare nuove terapie per i casi di coma, entrati in contatto con illustre clinico nuiorchese abbiamo chiesto un parere, in Italia per il caso di Cristina. Recatasi personalmente a Sarzana su nostra richiesta ha espresso il seguente parere: “Il caso di Cristina è molto delicato perché sono trascorsi 27 anni dal tragico incidente nonostante ciò alcune terapie sono possibili, pur non raggiungendo il radicale cambiamento (non si fanno miracoli) si può tentare di ottenere buoni risultati”.
L’Associazione si è fatta carico interamente delle spese del consulto medico a Roma. 
Per meglio far comprendere a chi segue questo sito, cosa realmente possa rappresentare la tragedia del coma per l’ammalato quanto per la sua stessa famiglia pubblichiamo la storia di ROMANO MAGRINI papà di CRISTINA, in coma da ventisette anni e da lui accudita, a tempo pieno, da diciassette anni cioè dal giorno della scomparsa di sua moglie.
 
Romano Magrini è in pensione da quel maledetto 18 novembre del 1981, quando, a Bologna, la quindicenne Cristina venne investita sotto casa «mentre, sulle strisce pedonali, correva dalla mamma a raccontarle che aveva preso un bel voto». Da quel giorno la ragazza è in coma, mentre il padre non ha cessato di assisterla, giorno e notte, specie dopo che nel gennaio ‘92 ha perso la moglie, Franca Gandolfi, stroncata da un tumore. «Io vivo per mia figlia- dice Magrini- Non conosco il riposo, lo svago ne il mondo esterno se non attraverso la Tv. Ma io sono arrivato. Ho già 73 anni ed i diciassette passati a fare il medico, l’infermiere, il fisioterapista,l’autista, il cuoco ed il padre valgono almeno il doppio. Io morirò. E mia figlia che fine farà?
 
IERI
 
Da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera di quasi vent'anni fa. Quando ancora ad occuparsi di Cristina c'era la mamma.
 
  " mia figlia e' in coma da dodici anni. nessuno l' aiuta, devo farla morire? "
la madre di Cristina Magrini 28 anni in coma dal 1985 chiede aiuto: l' USL di La Spezia non e' in grado di garantire l' assistenza a domicilio durante le feste di Natale
---- "Mia figlia e' in coma da dodici anni Nessuno l' aiuta, devo farla morire?" - IL DRAMMA DI LA SPEZIA - "Mia figlia in coma rischia di non essere piu' assistita. Che cosa devo fare, chiedere una pillola per farla morire?" Dodici anni immobile su un letto, tanti tentativi per risvegliarla da un sonno profondo. Cristina Magrini ha adesso ventotto anni. Dal 1985 si sono mobilitate centinaia di persone per aiutarla, e' stata portata piu' volte negli Stati Uniti. Ma adesso all' Unita' sanitaria di La Spezia si preparano al Natale. E manca il personale. A Romano Magrini e' stata inviata una lettera: durante le feste non possiamo garantire l' assistenza a domicilio. E ancora: "Cogliamo l' occasione per porgerle i nostri migliori auguri di Natale". Auguri che hanno fatto arrabbiare Romano Magrini, sessant' anni, che vive con la figlia a Sarzana. "Per carita' , io Cristina la voglio viva e sono convinto che tanti genitori che hanno perso i figli mi invidiano . ha detto il pensionato . ma sono solo. Mia moglie e' morta due anni fa, non sono piu' giovane e senza aiuto non so come fare. E sono un essere umano anch' io. Se mi ammalassi, che cosa ne sarebbe di mia figlia?". Cristina, in coma "vigile" e' curata con il metodo americano Dolman, che richiede continue stimolazioni. "Ma da quando e' morta mia moglie . spiega l' anziano . il trattamento e' solo parziale, grazie a volontari. Mia figlia ha bisogno di assistenza totale. Io faccio la mia parte ma non basta". La tragedia risale all' 11 novembre dell' 81. Cristina, studentessa di ragioneria si avvia a casa, allora in via Timavo a Bologna, dopo aver lasciato i compagni di scuola all' uscita dell' istituto Pier Crescenzi. Piove, la strada e' scivolosa. La ragazza raggiunge un passaggio pedonale prima di attraversare la strada. E un attimo. Un' auto la investe in pieno: Cristina perde conoscenza, la soccorrono, viene portata all' ospedale di Bellaria, attrezzato per interventi su contusioni craniche. Entra in coma. Comincia il calvario per Romano e Maria Magrini. Tre anni dopo l' incidente, la coppia decide di trasferirsi dall' appartamento di Bologna per andare ad abitare in una villetta di Pioppe di Salvaro, un paese di collina della provincia bolognese. E qui che scatta una gara di solidarieta' tra le mamme del borgo. Si organizzano in turni per assistere la giovane in coma. Ora dopo ora, tengono Cristina sotto un bombardamento di stimolazioni indicato dagli "Institutes for the Achievement of Human Potential" di Filadelfia, un centro specializzato che combatte per ridare funzioni al cervello lesionato. Anni di terapia ininterrotta. Qualche breve periodo con segnali di ripresa. Cristina nell' 86 e' riuscita a pronunciare la parola "mamma". E ha allungato lentamente, con molta difficolta' , la mano per afferrare un pupazzo.
Pagina 14
(22 novembre 1993) - Corriere della Sera
 
 
OGGI
 
L'APPELLO DI PAPA' MAGRINI
Si sentono tanti discorsi sull'eutanasia. Sembra che il problema sia solo se continuare ad assisterli o farli morire con dignità. Però non si parla dei tanti giovani che in seguito a incidenti rimangono in coma; quelli si scaricano alle famiglie e tutto tace; qui l'accanimento è fare nulla.
Sono il padre di una ragazza che è in coma dal 18 novembre 1981. Stampa e televisione hanno molto parlato del caso coinvolgendo loro malgrado le forze politiche, così è cominciata la favola del fare niente. Sono solo dalla fine del 1991, ho 73 anni; quanto posso resistere ancora? ' Mia figlia non ha una piaga da decubito, un'infezione di alcun genere, perché è curata senza interruzione, questo però vuol dire per me lavori forzati e arresti domiciliaci. Non mi lamento della vita che conduco: ho mia figlia e sono utile. Però se fossi un buon padre, sapendo quello che la aspetta se venissi a mancare (sondina nel naso per alimentarla, tracheotomia per aspirarla, piaghe da decubito e infezioni), dovrei ucciderla. Se lo facessi, la cosa sarebbe liquidata con la frase di comodo «dramma della follia». Per la pace di tanti e la riflessione di pochi. Dunque chi si occuperà di mia figlia alla mia morte?
Romano Magrini, Sarzana (La Spezia)
 
Quanto scritto da Romano Magrini ha tutta la valenza di un appello disperato.
Questa Associazione raccoglie l'appello di Magrini e lo fa proprio rivolgendolo per primo al Sindaco di Roma Gianni Alemanno, al quale abbiamo già scritto due o tre volte senza mai aver ricevuto risposta.
Riscriviamo ora nuovamente pubblicando la lettera in questo sito:
 
LETTERA APERTA dell' ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE gli AMICI del RISVEGLIO Onlus a
 
GIANNI ALEMANNO
IL SINDACO DI ROMA
 
Roma lì, 23 ottobre 2008
Eccellentissimo Signor Sindaco,
Le avevamo scritto facendoLe presente le istanze di più di seimila persone coinvolte dal coma nel Lazio (malati e familiari). Forse, non siamo stati molto chiari sul dramma vissuto proprio dalle famiglie dei malati in coma. Per essere più chiari guardi Lei stesso la foto che appare in questa pagina del sito: questa è CRISTINA MAGRINI , chi le è affianco, è il suo papà, ROMANO MAGRINI. Un caso identico a quello della Englaro con l' unica differenza, la volontà del padre che a sua figlia non venga staccata la spina per farla morire tra gli atroci spasimi della fame e della sete, bensì si preoccupa di cosa sarà di ella alla di lui morte.
Ecco, Eccellentissimo Sindaco, il centro cui siamo in animo di creare e, per il quale Le abbiamo chiesto più volte un incontro, è proprio per risolvere tragedie come questa esistenti nel comune di Roma.
Egregio Signor Sindaco, è vero Lei è oberato da mille problemi e da mille impegni ma non dimentichi che un minuto perso in questo problema vite umane legate ad un filo rischiano molto più di una strada riasfaltata o di uno sgombro di centri sociali.
Non vogliamo credere che anche Lei come i Suoi predecessori volga il Suo sguardo da altra parte, non vogliamo credere che Lei, un giovane Sindaco eletto per cambiare il volto di Roma cambi i sensi unici delle strade della capitale ma non le tragedie che in essa vivono.
 
Vincenza Trentinella
Direttore Generale